Schiele nasce
nel 1890 a Tulln, una cittadina nei pressi di Vienna.
A
quell’epoca, la capitale asburgica conosce una straordinaria crescita
demografica ed è un centro commerciale e culturale fiorente e di forte
richiamo, riferimento per le menti più vivaci dell’impero. Il clima
artistico è animato in quegli anni dallo scontro di correnti di stampo
opposto e dall’affermarsi di spinte innovative quali, prima fra tutte, la
Secessione fondata nel 1898, presieduta da Gustav Klimt.
Essa
riconosce all’arte il ruolo di forza propulsiva, ma anche di denuncia
della realtà e, in quanto tale, di forza redentrice dal falso moralismo
della società dominante. L’inclinazione a contenuti simbolici, così come
l’abbandono della prospettiva, la centralità della figura umana
incastonata in uno spazio piatto, sono elementi tipici dell’arte
secessionista, ripresi ed estremizzati dall’Espressionismo.
All’epoca
della fondazione della Secessione, Schiele è solo un bambino, sebbene
artisticamente dotato e con una forte passione per il disegno. Più tardi,
studente dell’Accademia, il suo stile sembra aver già assorbito molto
delle innovazioni della nuova corrente artistica, e in particolare della
lezione di Klimt. Ma già un anno dopo queste relazioni sembrano essere
state superate. In un lasso di tempo brevissimo, infatti, in Austria, e
più propriamente a Vienna, si assiste allo sviluppo di controtendenze,
ovvero di tendenze espressioniste, da parte di giovani artisti
“dissidenti", primi tra tutti Schiele, Kokoschka, Gerstl, appartenenti
alla generazione successiva a quella di Klimt, Moll, Moser e di altri
secessionisti.
Tutto ciò
accade in un frangente storico significativo, cioè mentre l’Impero
Asburgico avanza nel proprio declino, mettendo in crisi un mondo dalle
fondamenta secolari. Non a caso, proprio in questo momento storico, mentre
Freud scrive l’Interpretazione dei sogni, interrogandosi sulle pulsioni e
le paure umane, a Vienna forti spinte creatrici demoliscono i saldi
principi delle maggiori arti. Se in ambito musicale Schönberg introduce il
metodo dodecafonico, dal punto di vista prettamente formale, il vincolo
della linea netta e regolare tipico della Secessione, viene superato a
favore di un tratto più libero e sciolto – si guardi l’ultimo Klimt – per
diventare tormentato nei giovani Schiele e Kokoschka.
Ciò che
accomuna sotto la stessa etichetta i giovani artisti, è il rifiuto della
tradizione, l’uso di un segno primitivo ed elementare, l’impiego
antinaturalistico del colore, la tendenza alla deformazione e alla
riduzione delle forme a pure sagome (particolarmente evidenti in Albin
Egger-Lienz), un linguaggio pittorico convulso e corposo, come per Anton
Kolig nelle cui opere, le campiture cromatiche e le costruzioni spaziali
sono tipiche del Fauvismo e memori di Cézanne; o nelle opere di Herbert
Boeckl, pittore del secondo Espressionismo, che sintetizza la poetica di
Schiele e Kokoschka con quella cezanniana.
Dal punto di
vista più concettuale, l’attenzione degli espressionisti per l’auto
rappresentazione, per i soggetti tratti dalla vita privata e per le
vicende autobiografiche, deriva da un forte individualismo, dalla perdita
del senso d’appartenenza a una collettività e persino a un movimento
artistico. Schiele, come Kokoschka e Gerstl, spettacolarizzano la fisicità
dei corpi, ma il corpo non è altro che il tramite verso l’interiorità dei
personaggi rappresentati. Quindi, non è il mero dato oggettivo ciò su cui
i tre artisti indagano, ma l’introspezione dell’Io e dunque, il peso
psicologico delle espressioni e dei gesti. L’attrazione di Schiele per la
fisicità inizia a diventare predominante a partire dal 1910, anche grazie
alla frequentazione con artisti di discipline che fanno del corpo stesso
il proprio strumento, come il mimo Erwin van Osen e la danzatrice esotica
Moa. Come Freud, anche Schiele si addentra nell’animo umano. Prima di lui,
nessun altro artista era stato così spregiudicato nel ritrarre le pulsioni
più intime delle proprie modelle.
La sua
composizione perde i “bizantinismi" di Klimt, a favore di una maggiore
essenzialità, il disegno è più nervoso e immediato, lo spazio si annulla,
i punti di vista sono arditi e inconsueti, le posture disarticolate e
sgraziate tanto da rendere i corpi mutili e ridotti nelle parti
anatomiche. Anche nella rappresentazione dei paesaggi, Schiele rinuncia a
qualsiasi connotazione topografica, rinnegando la prospettiva, tanto da
ridurli a una giustapposizione di forme geometriche. Solo più tardi,
durante la guerra, il suo stile diventa significativamente più realistico,
le figure acquistano maggiore tridimensionalità, ma l’indagine
dell’interiorità del soggetto non viene mai meno.
Non si
dimentichi poi che il dato biografico dei singoli artisti gioca un ruolo
fondamentale nella loro produzione. Basti pensare alle vicende personali
di Schiele. Ai passaggi dolorosi della propria infanzia, come la morte del
padre malato di depressione, si unisce un carattere da vero borderline. La
vita dissoluta condotta con l’amante Wally Neuzil (la donna dai capelli
rossi e dagli occhi verdi che campeggia in molti suoi disegni),
l’esperienza del carcere in seguito all’accusa di abuso su minori, vanno
di pari passo con la crescita della sua visibilità nel panorama artistico,
all’interno del quale egli partecipa attivamente, esponendo presso le
maggiori istituzioni di Vienna, Berlino, Dresda, Praga e Zurigo.
Ma la sua
carriera viene stroncata da una morte prematura, all’età di soli 28
anni.
Si è
aperta a Palazzo Reale il 25 febbraio 2010, fino al 6 giugno, la
mostra Schiele e il suo tempo, realizzata in collaborazione con
il Leopold Museum di Vienna.
A
rendere questa mostra un evento davvero eccezionale, oltre alla bellezza
delle opere esposte, contribuisce anche la collaborazione con il Leopold
Museum di Vienna, la cui raccolta di capolavori (in parte messa a
disposizione del pubblico italiano, proprio grazie alla mostra di Palazzo
Reale) è depositaria di un momento cruciale della storia che ha
profondamente segnato l’intera cultura europea del secolo scorso.
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